Quo impensiore

Con quanto più assiduo zelo Ci siamo impegnati a risollevare le afflitte sorti della Chiesa degli Armeni e a ricondurla a quell’ordine, a quella concordia e a quella stabilità che potessero restituirle l’antica dignità, tanto più amaramente siamo turbati dalla malizia di alcuni che non solo rendono vane tutte le Nostre premure, ma con i loro intrighi lacerano le coscienze, scandalizzano i timidi, riescono nefasti alla propria gente. I mali continuamente crescenti provocati dalle loro astuzie furono registrati nella Nostra Lettera Apostolica Non sine gravissimo che pubblicammo il 24 febbraio di quest’anno e intanto, per reprimerli e stroncarli, inviavamo a voi il Venerabile Fratello Antonio Giuseppe Arcivescovo di Tiane quale Nostro Delegato Apostolico.

Invero oggi siamo afflitti da un dolore anche più profondo, perché la sua dolcezza, la sua prudenza, la sua autorità non hanno potuto in alcun modo spezzare o mitigare l’audacia dei perversi. Egli stesso, appena approdato a Costantinopoli, memore della mitezza ecclesiastica, chiamò a sé i più importanti promotori della sedizione e tentò con paterni ammonimenti di ricondurli alla dovuta obbedienza. Poiché ebbe usato invano questo accorgimento, presentò in pubblico la Nostra Lettera con cui (fatto cenno anche al carattere straordinario dei più recenti avvenimenti) lodavamo il suo zelo, confermavamo la Nostra costituzione Reversurus pubblicata il 12 luglio 1867 in favore di una corretta elezione dei Vescovi, tentavamo di richiamare il clero secolare ai doveri del loro ministero e ammonivamo i Monaci e i Laici perché non varcassero i limiti a loro fissati dalla Chiesa; dimostravamo inoltre con chiarezza la vacuità delle richieste avanzate dai refrattari. In quella occasione lo stesso Venerabile Fratello Antonio Giuseppe minacciò le censure ecclesiastiche a quella parte del clero che avesse rifiutato di sottomettersi, entro i giorni stabiliti, alla legittima autorità. Ma poi, vedendo che quei giorni erano passati invano, decise di prorogare ancora il termine prestabilito e non colpì con la sospensione i recalcitranti prima di essersi reso conto che la pazienza era del tutto inutile e che occorreva prevenire con la severità il pericolo di un ulteriore inganno a scapito delle persone semplici.

Tuttavia, coloro che erano stati puniti in tal modo non solo non recedettero dalla loro ostinazione, ma convertirono lo stesso castigo in un più atroce delitto e in un più grave scandalo per gli altri: disprezzarono con impudenza l’autorità e le leggi della Chiesa, e continuarono a praticare pubblicamente tutti i doveri del sacro ministero a loro vietati, addirittura con rito anche più solenne. Soprattutto Ci duole che in questo crimine siano incorsi alcuni sacerdoti secolari che vivono tra i Monaci di Costantinopoli, quasi tutti Mechitaristi della Congregazione Veneta, e tutti i Monaci Antoniani; Ci duole che non abbiano dissentito da codesta decisione coloro che abitano questa Nostra città. Costoro, infatti, non solo si opposero alla visita Apostolica in casa loro da Noi raccomandata (come i loro fratelli in Oriente), e più volte respinsero il primo e il secondo Visitatore eletto, ma tutti, senza chiedere il permesso, si sottrassero a Noi. Fra questi, anche il Venerabile Fratello Placido Kasagian che (consacrato col titolo della Chiesa di Antiochia, aveva governato tutta la Congregazione), immemore del suo dovere e delle censure incombenti sui Vescovi che avevano disertato il Concilio senza impetrare l’autorizzazione pontificia, si allontanò a sua volta.

Invero la stessa ostinazione dei ribelli e le astuzie usate per sobillare gli animi rendono più preziosa e gratificante per Noi la fermezza dei moltissimi che né dalle insidie, né dalle lusinghe, né dalle minacce furono indotti ad abbandonare l’ossequio dovuto alla Nostra legittima autorità. Tra questi, riteniamo di dover lodare nominativamente i Mechitaristi della Congregazione Viennese che, per nulla scossi dalla deplorevole defezione altrui, rimasero saldi nel loro dovere. Per la verità, tanta devota costanza in così grave momento suscita in Noi la ragionevole speranza che Voi, Diletti Figli, rimosso ogni rispetto umano, seguirete rigorosamente le nobili vestigia dei vostri padri che, anteponendo la loro fede a questi cedimenti, sopportarono con coraggio l’esilio e ogni avversità piuttosto che allentare i loro vincoli di solidarietà con questo centro dell’unità cattolica, o venir meno alla venerazione per la quale i documenti indicavano le regole proposte dalla vostra scuola di verità. Con ancor maggiore fiducia Ci attendiamo dalla vostra lealtà che riconosciate con quanta sollecitudine e con quanto amore questa Santa Sede si sia impegnata per assicurare vantaggi, crescita ed onore alla vostra comunità, sia sottraendovi al giogo dei Patriarchi scismatici, sia consentendovi libertà di culto, sia costituendo la sede primaziale di Costantinopoli. Questa, a cui vennero dapprima aggregate le Chiese suffraganee, venne poi elevata a sede del Patriarca in seguito alla fusione con il Patriarcato della Cilicia. Cosicché dovunque volgiate lo sguardo, dovreste comprendere che il vigore, la libertà, la dignità di cui godete è soprattutto da attribuire all’impegno e all’affetto di questa Santa Sede per voi. E per il vostro bene non dipartitevi mai da essa.

Non tollerate di essere ingannati dalle male arti dei ribelli i quali, per attirarvi più facilmente a sé, affermano dappertutto che con la loro azione non vengono meno alla fede e all’obbedienza a Noi dovuta, né al dovere di cattolici; costoro infatti negano con le opere ciò che dichiarano con le parole. E certamente coloro che con ostinazione ricusano e disprezzano l’autorità dei Successori di Pietro, nei quali Pietro vive in perpetuo, e dei superiori che da essi furono loro assegnati, con il loro comportamento contestano quel primato di dignità e di giurisdizione sulla Chiesa universale che Cristo affidò a Pietro quando Gli diede l’incarico di pascere gli agnelli non meno delle pecore di tutto il suo gregge, ossia di governare la Chiesa nel mondo intero. Certamente in questo gruppo devono essere inclusi coloro che disprezzarono l’autorità del vostro legittimo Patriarca e di colui che a nome suo esercita la potestà Vicaria; coloro che trascurarono o ricusarono di accogliere le sue decisioni; coloro che giunsero al punto di mettere in dubbio la sua legittima elezione, come, secondo il rito, fu indetta e confermata da Noi; coloro che si opposero al Nostro Delegato, coloro che lo ostacolarono nell’esercizio della sua funzione per quel che riguarda la visita dei monasteri ordinata da Noi; coloro che si sono esplicitamente proclamati indipendenti; coloro che si confermarono tali quando, trascorso il periodo di competenza loro assegnato, non solo continuarono a ricevere le confessioni dei fedeli, ma per di più osarono comportarsi allo stesso modo dopo che era stato loro interdetta quella funzione in seguito alla pubblica sentenza di sospensione; coloro che non desistettero dal contestare pubblicamente tutti i doveri sacerdotali anche con rito più solenne, in segno di disprezzo delle censure ecclesiastiche; coloro infine che non tralasciano alcunché pur di significare apertamente che consideravano di nessun valore le leggi canoniche e l’autorità del potere legittimo e di questa Santa Sede. Voi stessi comprenderete agevolmente se a costoro, che insorgono con tanta impudenza contro la Nostra autorità e con tanta pervicacia si ostinano nel loro crimine, si debba accordare fiducia quando dichiarano di essere convinti del primato di questa Santa Sede, come si addice ai cattolici, e di rimanere a Noi legati e obbedienti. Perciò, se temete di allontanarvi da quella unità cattolica, fuori della quale non vi è salvezza; se desiderate il vero bene della vostra comunità, guardatevi dalle arti insidiose di costoro. Prestate soprattutto attenzione che in voi non si ingeneri quella confusione di riti e di disciplina, che costoro astutamente tentano di insinuare nell’animo della gente semplice per aizzarla contro questa Santa Sede, che infine (stando alle loro dicerie) mirerebbe gradatamente a sopprimere gli antichi riti della Chiesa Orientale, per sostituire ad essi il rito latino. Infatti, se i Romani Pontefici si preoccuparono sempre che all’unità della Chiesa corrispondesse l’uniformità della disciplina, almeno per quanto riguarda le principali norme, tuttavia ritennero che si dovessero rispettare tutti i riti che non deflettessero dalla vera fede né dalla onestà. Invero, la ribellione da Noi or ora condannata non coinvolge certo i riti ma la disciplina; e se il Vicario di Cristo non può restaurarla ovunque, invano a lui sarebbe affidato il governo di tutta la Chiesa, al punto da anteporre quella inclinazione che si allontani da quella vera fede che i cattolici devono possedere circa il divino primato del Sommo Pontefice.

Tuttavia confidiamo che coloro che finora si ostinarono nella loro ribellione possano finalmente ravvedersi, con l’aiuto della grazia di Dio, e ritornare al dovuto ossequio. Ma se persisteranno nella loro caparbietà, Noi, ricordando che Ci è stata affidata la custodia di tutto il gregge del Signore e che l’Apostolo Paolo consegnò Corinto a Satana per placare lo scandalo dei fedeli e per far salvo anche lo spirito dello stesso colpevole, saremo costretti a separare dalle altre queste putride membra (che già senza motivo si staccarono dal capo), in modo che non infettino con il loro contagio il corpo restante, e dichiareremo tutti gli scismatici rei e avulsi dal grembo della Chiesa. Voglia il cielo che essi, atterriti dall’orrore di così grave castigo, ritrovino il senno e, rivolti a migliori frutti, stornino da Noi la dolorosa necessità di questo tristissimo esercizio del Nostro dovere. E quanto più deviarono dalla via della verità e della giustizia, con tanto più dimesso ossequio si sottomettano alla Nostra legittima autorità ecclesiastica; cerchino di rimuovere la pietra dell’offesa (che con il loro modo di agire lanciarono contro i deboli di mente) per offrire testimonianza della loro obbedienza e della loro umiltà e per restituirci l’ambito potere di accoglierli nuovamente con un paterno abbraccio.

Quanto a voi che, sebbene circondati da difficoltà e pericoli, rimaneste saldi, cercate di procedere cautamente, resi accorti dalla separazione di costoro; rafforzatevi nella vostra fede, e sempre più devotamente ubbidite ai vostri superiori, ricordando che ogni potere, soprattutto se sacro, viene da Dio. Animati dalla Nostra sollecitudine e dalla cura della vostra salute e del vostro vantaggio, con zelo coltivate in voi quella religiosa osservanza con cui seguite la Santa Sede e quella carità filiale con la quale vi unite a Noi, in modo che possiate sempre essere uniti con Noi in Gesù Cristo e meritare le Sue benedizioni. Tutto ciò con insistenza chiediamo al Padre delle misericordie, la cui grazia desideriamo si effonda con abbondanza su di voi. E invero, come auspicio di fervido amore e come pegno della Nostra benevolenza, impartiamo a voi, con molto affetto, l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 maggio 1870, nell’anno ventiquattresimo del Nostro Pontificato.

 

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