Ex quo infensissimi

Da quando i funesti nemici del nome cattolico, per cancellarlo del tutto (se fosse possibile) hanno osato far vacillare il principato civile della Santa Sede, cui sottrassero floride province lasciandone a Noi solo alcune perché esercitassimo il potere civile entro angusti confini e non senza difficoltà dell’erario, uomini perfidi non hanno mai rinunciato al proposito di occupare le altre Nostre province e d’invadere perfino questa alma Urbe nella quale, per divina volontà, si è stabilita la Sede Apostolica, fondamento della religione, maestra della fede, rocca e baluardo della verità cattolica. Da qui le macchinazioni e le frodi, da qui l’aperta violenza usata recentemente, quando cioè si accozzarono improvvisate masnade d’infima plebe, prontissime ad ogni misfatto, che si inoltrarono nelle nostre province per alzare la bandiera della ribellione: col terrore, con le rapine e con ogni sacrilega scelleratezza portarono la desolazione nei villaggi, nei paesi, nelle città senza però riuscire ad allontanare le popolazioni dalla debita fede, dall’ossequio verso di Noi e la Sede Apostolica. Orbene, in un così difficile frangente rifulse l’eccezionale valore dei Nostri soldati. Infatti, seguendo i loro comandanti, per nulla atterriti dall’asperità del cammino e neppure affranti dalla lunghezza delle marce né svigoriti dalle fatiche, corsero alacri a rintuzzare l’impeto dei nemici. Dopo aver acceso la zuffa contro di essi, ed averla rinnovata in più luoghi, combatterono con tanto animo e coraggio che sconfissero e dispersero quelle schiere efferate e restituirono quiete e sicurezza ai borghigiani e ai cittadini.

Non molto tempo dopo, una banda in armi osò avvicinarsi alle mura di Roma per tentare un assalto allo scopo di sfogare il trattenuto furore con gli incendi, col saccheggio delle case, con la distruzione dei templi e col sangue degli onesti cittadini, non appena dai complici della loro ribalderia (che si erano furtivamente introdotti in città e avevano preparato nuovi strumenti di morte) fosse dato il segnale della congiura. Ma i Nostri soldati non mancarono al loro dovere; scoperte le insidie, infatti, resero vana la perfidia dei congiurati e avendo sgominata e uccisa una parte di essi e un’altra parte gettata in carcere, salvarono questa sede della religione, questa dimora delle arti belle dall’imminente sterminio.

Alla milizia Nostra poi si presentò un’altra occasione di mettere in luce il proprio valore. Un’accozzaglia di armati, raccolti ovunque nella vicina provincia Sabina, aveva occupato Monterotondo; ivi commise molte azioni indegne e, accesa di sfrenata cupidigia, meditava una nuova aggressione contro Roma; senonché contro il nemico furono inviate truppe Nostre e truppe ausiliarie Francesi, per assalirlo. Esse, ingaggiata battaglia presso Mentana, diedero prova di tanta forza, ardore e costanza nel combattere che domarono e sbaragliarono quella colluvie di predoni benché superiore di numero. Ne ferirono e uccisero molti; ne condussero nelle prigioni tanti altri, e misero in fuga i rimanenti con il loro audacissimo condottiero, riportando quindi una splendida vittoria. Le schiere vincitrici poi, rientrate in Roma, ebbero una trionfale accoglienza: la cittadinanza andò loro incontro, e con grida e con applausi festeggiò la bella impresa di quei valorosissimi uomini. Ma affinché il ricordo di questa vittoria che non senza l’aiuto di Dio è stata ottenuta, e ovunque è stata celebrata e lodata, possa perpetuarsi in tutte le età, abbiamo fatto coniare un fregio d’argento in forma di croce ottagonale, nelle cui estremità sia scritto Pius PP. IX. An. MDCCCLXVII. Al centro vi sia una medaglietta la quale nel dritto rechi gli emblemi della dignità pontificia con la scritta Fidei et Virtuti, e nel rovescio abbia la croce con la scritta Hinc Victoria. A tutti e singoli i soldati presenti del Nostro esercito concediamo di portare questo fregio d’argento nel lato sinistro del petto, sospeso ad un nastro di seta bianca distinto con cinque righe celesti; e per maggiore compenso dell’impresa concediamo agli stessi che sia loro sottratto un anno dal tempo stabilito per ottenere paghe più alte e per ottenere altri benefici secondo le regole militari. Inoltre facciamo dono dello stesso fregio d’argento, da portare alla sinistra del petto, a tutti e singoli i soldati dell’esercito Francese che presso Mentana combatterono al fianco delle Nostre truppe contro le torme ostili. Infine, affinché quei valorosi che offersero il sangue e la vita per difendere i Nostri diritti e per scacciare da Roma il furore degli empi, ricevano da Noi una solenne proclamazione di valore e di lode, con questa lettera pubblichiamo e dichiariamo che essi hanno acquisito grandi meriti presso di Noi, presso l’Apostolica Sede e il mondo Cattolico: proclamazione di cui nulla è più onorifico, più glorioso, più idoneo a rendere immortale il loro nome.

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 14 novembre 1867, anno ventiduesimo del Nostro Pontificato.

 

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