Dives in misericordia

Ricco di misericordia, Iddio non mancò mai alla sua Chiesa che milita in questo mondo, ma secondo le varie vicissitudini delle cose e dei tempi le somministra sapientemente gli aiuti opportuni. Mentre nel secolo XVI visitava con la verga del suo furore le genti cristiane, e permetteva che molte province dell’Europa fossero avvolte nelle tenebre delle eresie che ampiamente si dilatavano, non volendo respingere da sé il suo popolo, suscitò provvidamente i nuovi lumi di uomini santi, affinché, illustrati dallo splendore di questi, i figli della Chiesa si confermassero nella verità, e gli stessi prevaricatori si riducessero soavemente all’amore di lei. Francesco di Sales Vescovo di Ginevra, esemplare d’inclita santità e maestro della vera e pia dottrina, fu nel novero di tali chiarissimi uomini: egli non solo con la voce, ma anche con immortali scritti, trafisse i mostri degli insorgenti errori, consolidò la fede, abbattuti i vizi emendò i costumi, e a tutti mostrò la via che conduce al cielo. Con così eccellente sapienza egli conseguì quella lode per cui il Nostro Predecessore Bonifacio VIII di santa memoria dichiarò (cap. Un. de rel. et ven. SSrum, in 6) che erano stati mandati quegli antichi e fondamentali dottori della Chiesa di Dio i quali “con salutari insegnamenti illustrarono la Chiesa, la ornarono di virtù e la strutturarono nei costumi“. Egli li descrisse “come luminose ed ardenti lucerne poste sopra il candelabro nella casa di Dio: esse, diradate le tenebre degli errori, a somiglianza della stella mattutina irraggiano il corpo di tutta la Chiesa“, “disserrano gli enigmi della scrittura, e con profondi e splendidi sermoni, quasi con lucide gemme, illustrano l’edificio della stessa Chiesa“. Che questo elogio fosse per certo meritato dal Vescovo di Ginevra, anche quando era vivo e molto più dopo la sua morte, lo attestò la fama divulgata dappertutto e lo dimostra con invittissimo argomento la stessa singolare eccellenza degli scritti da lui lasciati.

Inoltre, che la dottrina di Francesco fosse altamente stimata quando ancora viveva, lo possiamo dedurre dal fatto che, di tanti valorosi difensori della verità cattolica che in quel tempo fiorivano, al solo Vescovo di Ginevra il Nostro Predecessore Clemente VIII di santa memoria diede l’ordine di convocare Teodoro Beza, acerrimo propugnatore della peste Calviniana, e di trattare con lui da solo a solo, acciocché, ricondotta quella pecora all’ovile di Cristo, tante più altre vi richiamasse. Francesco compì tale ufficio così egregiamente, né senza pericolo della vita, che l’eretico uomo, debitamente confutato, si ridusse a confessare la verità, benché la sua vita scellerata, per giudizio arcano di Dio, lo facesse indegno di ritornare nel grembo della Chiesa. Né minore prova della stima goduta dal santo Vescovo è che il Nostro Predecessore Paolo V di santa memoria, mentre si disputava in Roma la celebre de Auxiliis, volle che fosse domandato il parere di questo santo prelato sopra tale materia, e seguendo il consiglio di lui giudicò che quella sottilissima e pericolosissima questione, per gran tempo agitata con calore, fosse troncata e fosse imposto il silenzio alle parti. Ché anzi, se si pone mente alle stesse lettere da lui scritte a moltissimi, si farà chiaro ad ognuno che Francesco, a somiglianza dei più gravi fra gli antichi Padri della Chiesa, con frequenza fu interrogato da moltissimi intorno ad argomenti che riguardano la dottrina della fede cattolica da spiegare e difendere, intorno a questioni da snodare su tali materie e ad altre cose riguardanti il modo di ordinare la vita secondo costumi cristiani.

Egli, per molti negozii copiosissimamente e dottamente trattati presso i Romani Pontefici, presso i Principi, presso i Magistrati, presso i Sacerdoti suoi cooperatori nel sacro ministero, ebbe tanta influenza, che per l’opera sua, per le sue esortazioni e i suoi avvertimenti furono prese spesse volte tali risoluzioni, che intere regioni venissero purgate dalla pestilenza ereticale, tornasse in vigore il culto cattolico e la Religione si dilatasse. Questa opinione della eccellenza della sua dottrina non scemò dopo la morte di lui, ma crebbe anzi grandemente; e personaggi chiarissimi di ogni ordine e gli stessi Sommi Pontefici esaltarono con grandi lodi la sua scienza eminente. Per certo Alessandro VII, di santa memoria, nella Bolla di canonizzazione (19 aprile 1665) definì Francesco di Sales celebre per dottrina, ammirabile per santità, e indicato come medicina e presidio ai tempi suoi contro le eresie; tanto da poter affermare che gli animi dei popoli e dei nobili, illuminati dagli insegnamenti dei suoi scritti, abbiano germinato una messe copiosa di vita evangelica.

Con tali sentimenti si accorda pienamente ciò che egli disse nel Concistoro tenuto prima della sua canonizzazione, che cioè il Sales, “insegnando a tutti sia con la parola di salubre dottrina, sia con l’esempio di una vita integra“, assai bene operò nella Chiesa, e che di questo bene una gran parte ancora sopravvive “per mezzo degli ammonimenti e degli insegnamenti della disciplina evangelica contenuti nei suoi libri che vanno per le mani dei fedeli“.

Né diversi da questi sono i sensi da lui espressi nella lettera diretta il 1° agosto 1666 alle Monache della Visitazione del monastero di Annecy, dove diceva che “le virtù e la sapienza di lui si erano sparse ampiamente per tutto il mondo cristiano“; che ammirando i suoi incliti meriti “e la dottrina del tutto divina” lo aveva scelto “per seguirlo come guida principale e maestro della vita“. Quel magistero sembrò tale al Nostro Predecessore Clemente IX di santa memoria che, ancor prima di essere eletto Pontefice, ebbe ad affermare del Sales “che coi suoi egregi volumi aveva formato come un pio arsenale a beneficio delle anime“; e divenuto Pontefice approvò in onore di lui l’antifona che dice così: “il Signore riempì San Francesco dello spirito d’intelligenza, ed egli somministrò la fluida acqua della dottrina al popolo di Dio“.

Benedetto XIV di santa memoria, accordandosi con i suoi Predecessori, non esitò ad affermare che i libri del Vescovo di Ginevra erano scritti con dottrina divinamente ricevuta; attingendo al suo pensiero risolvette difficili questioni, e lo definì “sapientissimo direttore di anime” . Perciò non suscita meraviglia che moltissimi personaggi fiorenti per lode d’ingegno e di dottrina, dottori di accademie, oratori sommi, giureconsulti, teologi insigni, e gli stessi Principi abbiano celebrato sino ad ora quest’uomo come veramente grande e dottissimo; e molti lo abbiano seguito come maestro, trasferendo molte cose dai libri di lui nei propri scritti. Ora, questa persuasione universale intorno alla eccellenza della scienza del Sales nasce dalla qualità stessa della dottrina di lui, la quale in quel sublime apice della sua santità ha in lui tanta eminenza da essere considerata tutta propria di un dottore della Chiesa e da consigliare di annoverare quest’uomo fra i principali maestri dati da Cristo Signore alla sua Sposa. Per cui, sebbene la stessa antichità renda rispettabili i santi Dottori che fiorirono nei primi secoli della Chiesa, e sia loro di ornamento la lingua latina o greca nella quale scrissero i loro libri, tuttavia ciò che è cosa principalissima ed affatto necessaria (come sopra si è detto) in questo magistero, è che appaia diffusa negli scritti, oltre la comune misura, la celeste dottrina, la quale con abbondanza e con varietà di argomenti, quasi splendido manto, sparga novella luce su tutto il corpo della Chiesa, e riesca salutare ai fedeli. Ora queste lodi convengono appieno ai libri del Vescovo di Ginevra. Quindi, o si vogliano considerare gli scritti ascetici di lui per condurre una vita santamente e devotamente cristiana, o quelli polemici in difesa della fede e a confutazione degli eretici, o altri che riguardano la predicazione della parola di Dio, non vi è nessuno che non veda quanti benefici siano derivati nel popolo cattolico per mezzo di quest’uomo santissimo.

Per certo egli comprese in dodici libri, scritti dottamente, sottilmente e lucidamente, un insigne e stupendo trattato “Dell’amore di Dio“, il quale ha tanti ammiratori della soavità del suo autore quanti ne sono i lettori. Soprattutto, poi, dipinse con vivi colori la virtù in un’altra opera intitolata “Filotèa“, e rendendo semplici i luoghi scabrosi e facendo piane le aspre vie, a tutti i fedeli cristiani dimostrò così facile la via per arrivarvi, che da quel momento in poi la vera pietà poté spargere in ogni luogo la sua luce, aprire la via ai troni dei re, alle tende dei capitani, al foro dei giudici, ai banchi dei trafficanti, alle botteghe ed alle stesse capanne dei pastori. In verità, in quegli scritti egli trae i sommi principi della scienza dei Santi dalla sacra dottrina, e li svolge in modo che venga ritenuto un suo speciale privilegio l’averla sapientemente e soavemente adattata a tutte le condizioni dei fedeli. Si aggiungono a questi scritti i trattati intorno al magistero della pietà, e le stesse Costituzioni, ragguardevoli per sapienza, discrezione e soavità, le quali egli scrisse per le Monache dell’Ordine della Visitazione della Beata Vergine Maria da lui fondato. Forniscono altresì una messe copiosissima di ascetica le tante lettere da lui scritte, nelle quali è cosa del tutto meravigliosa che, pieno dello spirito di Dio ed appressandosi allo stesso autore della soavità, egli abbia gettato i semi del devoto culto verso il santissimo Cuore di Gesù, che in questi nostri acerbissimi tempi, con sommo diletto del Nostro animo, vediamo meravigliosamente propagato a massimo incremento di pietà.

Né si vuole omettere che in questi scritti, soprattutto poi nella interpretazione del Cantico dei Cantici, sono chiariti molti enigmi delle Scritture che appartengono ai sensi morali ed anagogici, vengono sciolte difficoltà ed illustrati di nuova luce i luoghi oscuri: donde è lecito arguire che Iddio, facendo derivare la fonte della sua grazia celeste, abbia illuminato l’intelletto a questo sant’uomo per interpretare le Scritture e renderle accessibili ai dotti ed agli indotti. Di più, per vincere la pervicacia degli eretici del suo tempo e per rafforzare i cattolici, non meno felicemente che di cose ascetiche egli scrisse un libro di “Controversie“, in cui si trova una piena dimostrazione della fede cattolica, altri trattati e discorsi intorno alle verità della fede, e anche il “Vessillo della Croce“. Con tali scritti combatté così valorosamente per la causa della Chiesa, che ricondusse al seno di lei una moltitudine innumerevole di uomini perduti, e restaurò la fede per ampio e lungo tratto in tutta la provincia di Chablais. Soprattutto egli propugnò l’autorità di questa Apostolica Sede e del Romano Pontefice, successore del Beato Pietro, e spiegò con tale lucidità il valore e la ragione del suo primato che felicemente preluse alle definizioni del Concilio Ecumenico Vaticano.

Certamente, le cose che egli afferma intorno alla infallibilità del Romano Pontefice nel sermone quarantesimo delle “Controversie“, il cui autografo fu ritrovato mentre nel Concilio si trattava di questa materia, sono di tale valore che quasi guidarono per mano alcuni Padri, ancora dubbiosi sul decretare la definizione in tale materia. Da questo così grande amore del Santo Vescovo verso la Chiesa, e dall’ardore di lui nel difenderla, ebbe origine il metodo che egli tenne nella predicazione della divina parola, sia nell’erudire il popolo cristiano negli elementi della fede, sia nell’informare i costumi dei più dotti, sia nel guidare all’altezza della perfezione tutti i fedeli. Infatti, conoscendosi egli debitore ai sapienti ed agli insipienti, adeguandosi ad ognuno, procurò di ammaestrare con la semplicità del discorso i semplici e gli impreparati, e tra i sapienti parlò con sapienza. Sopra la qual cosa diede ancora prudentissimi insegnamenti, ed ottenne che la dignità della sacra eloquenza, scaduta per il vizio dei tempi, venisse, sull’esempio dei Santi Padri, richiamata all’antico splendore; sicché da questa scuola uscirono quegli eloquentissimi oratori, dai quali ridondarono in tutta la Chiesa copiosissimi frutti. Perciò egli fu da tutti reputato restauratore e maestro della sacra eloquenza. Finalmente la sua celeste dottrina, a guisa di fiume di acqua viva nell’irrigare il campo della Chiesa, si diffuse così utilmente a salute del popolo, che appaiono verissime quelle parole tolte dal libro dei Proverbi, le quali il Nostro Predecessore Clemente VIII di santa memoria, quasi profetando, indirizzò al Sales nell’atto d’innalzarlo alla dignità episcopale: “Va, o figliuolo, e bevi l’acqua della tua cisterna e i rivoli del tuo pozzo; siano portate fuori le tue fonti, e nelle piazze distribuisci le tue acque“. Pertanto i fedeli, attingendo con gaudio queste acque di salute, ammirarono la scienza del Vescovo di Ginevra, e lo stimarono da allora fino a questi tempi degno del dottorato della Chiesa. Invero, persuasi da questi argomenti, moltissimi fra i Padri del Concilio Vaticano Ci pregarono, con voti ardenti e con unanime voce, affinché onorassimo San Francesco di Sales del titolo di Dottore. Diversi Cardinali di Santa Romana Chiesa e molti Prelati di tutto il mondo accrebbero tali voti; a questi aggiunsero le loro suppliche molte collegiate di Canonici, Dottori di grandi Università, Accademie di scienze, Principi augusti, nobili personaggi, e anche una gran moltitudine di fedeli. Noi dunque, lieti di assentire a tante e così calde preghiere, rimettemmo questo gravissimo affare, com’è costume, alla Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa preposti alla tutela dei Santissimi Riti. Ora, la detta Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli nelle ordinarie riunioni tenute nel Nostro palazzo Vaticano il giorno 7 dello scorso luglio, udita la relazione del Nostro Venerabile Fratello Cardinale Bilio Vescovo di Sabina, allora prefetto della stessa sacra Congregazione ed estensore della causa, maturamente considerate le osservazioni di Lorenzo Salvati Promotore della Santa Fede, nonché le risposte dell’Avvocato della causa, dopo accuratissimo esame, con unanime consenso, giudicò “che si dovesse proporre al Santissimo la concessione, ossia la dichiarazione ed estensione a tutta la Chiesa del titolo di Dottore in onore di San Francesco di Sales, con l’ufficio e la Messa del comune dei Dottori Pontefici, ritenuta la orazione propria e le lezioni del secondo notturno“.

Tale rescritto Noi approvammo con decreto generale Urbis et Orbis, dato il 19 del detto mese ed anno. Inoltre, presentate nuove preghiere che si facesse qualche aggiunta tanto nel Martirologio Romano quanto nelle sesta lezione del giorno festivo di San Francesco di Sales, e che tutte le concessioni fatte in proposito venissero confermate da Nostra Lettera Apostolica in forma di Breve, la stessa Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, nelle Assemblee ordinarie tenute il 15 settembre dello stesso anno, decise “Per la grazia, ed essere da supplicare il Santissimo per la spedizione del Breve“. Opinarono poi doversi aggiungere all’elogio del Martirologio Romano, dopo le parole “Annesium translatum fuit“, queste altre “quem Pius IX ex Sacrorum Rituum Congregationis consulto, universalis Ecclesiae Doctorem declaravit“; ed alla lezione sesta dopo le parole “Vigesima nona Ianuarii” si aggiunsero le seguenti “et a Summo Pontifice Pio IX ex Sacrorum Rituum Congregationis consulto, universalis Ecclesiae Doctor fuit declaratus“. Ed anche questo rescritto della citata Congregazione, del giorno 20 del detto mese ed anno, Noi ratificammo e confermammo, e demmo ordine che si spedisse la Lettera Apostolica intorno a tutte le concessioni fatte su tale materia.

A questo punto, per assecondare i voti dei sopraddetti Cardinali della Santa Romana Chiesa, dei Prelati dei Collegi, delle Accademie e dei fedeli, e conformemente al consiglio della citata Congregazione dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, preposta all’esame dei Sacri Riti, con la Nostra Apostolica Autorità, con la presente confermiamo il titolo di Dottore in onore di San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra e Fondatore dell’Ordine delle Monache della Visitazione della Beata Vergine Maria; o, in quanto possa essere necessario, di nuovo glielo confermiamo e concediamo: in modo che in tutta la Chiesa Cattolica egli sia sempre tenuto in conto di Dottore; e nella celebrazione anniversaria della sua festa, sia dal clero secolare come da quello regolare, se ne faccia l’Ufficio e la Messa secondo il ricordato decreto della Congregazione dei Sacri Riti. Inoltre decretiamo che i libri, i commentarii e tutte le opere dello stesso Dottore, non solamente in privato, ma anche pubblicamente nei Ginnasii, nelle Accademie, nelle Scuole, nei Collegi, nelle lezioni, nelle dispute, nelle interpretazioni, nelle prediche, e negli altri studii ecclesiastici, od esercizi cristiani, siano citati, prodotti e secondo il bisogno adoperati, non altrimenti da quel che si fa per gli altri Dottori della Chiesa. Affinché poi si aggiungano stimoli alla pietà dei fedeli a celebrare santamente la festa di questo Dottore e ad implorare il suo aiuto, Noi, fiduciosi nella misericordia di Dio Onnipotente, con l’autorità dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo, a tutti e ai singoli fedeli dell’uno e dell’altro sesso, i quali nel dì festivo del medesimo santo Dottore, o in uno dei sette giorni continui che lo seguono immediatamente, da scegliersi ad arbitrio di ciascun fedele cristiano, veramente pentiti e confessati prenderanno la Santissima Eucaristia e visiteranno devotamente qualsivoglia Chiesa dell’Ordine della Visitazione della Beata Vergine Maria, ed ivi devotamente pregheranno Iddio per la concordia dei Principi cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, concediamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.

Pertanto, a tutti i Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi, ed ai diletti figli Prelati di altre Chiese, costituiti per tutto il mondo, ordiniamo con la presente che le cose sopra stabilite siano solennemente pubblicate nelle loro Province, Città, Chiese e Diocesi, e che da tutte le persone ecclesiastiche secolari e regolari di qualsiasi Ordine, siano inviolabilmente e perpetuamente osservate in ogni luogo e fra tutti i popoli. Queste cose ordiniamo e comandiamo, nonostante le Costituzioni e le ordinazioni Apostoliche, e quelle che fossero state emanate nei Concilii Ecumenici, Provinciali e Sinodali, siano esse generali, siano speciali, né qualsivoglia altra cosa in contrario.

Vogliamo poi che alle copie o esemplari della presente Lettera, anche stampati, sottoscritti di mano di qualche pubblico Notaio, e muniti del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti assolutamente la stessa fede che si presterebbe a questa stessa Lettera se fosse presentata o mostrata.

Dato in Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 16 novembre 1877, anno trentaduesimo del Nostro Pontificato.

 

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