CRESCENZIO SEPE
Arcivescovo titolare di Grado, Segretario generale del Comitato
del Grande Giubileo dell’Anno 2000 e del Consiglio di Presidenza
Con il rito di Beatificazione di domenica 3 settembre il calendario giubilare ci riporta al cuore di questo Anno Santo: l’incontro con il Cristo dell’Incarnazione, con il Redentore del mondo, “unico Mediatore tra Dio e gli uomini” (TMA, n. 4). Elevando all’onore degli altari e presentando alla venerazione dei fedeli due grandi Papi degli ultimi secoli e tre altri eminenti suoi Figli, la Chiesa indica a tutti la strada da seguire per raggiungere l’ideale cristiano; e non v’è dubbio che il Grande Giubileo sia un momento privilegiato per rinsaldare la nostra volontà di percorrere questo sentiero, che ha segnato la storia della Chiesa e del mondo.
Giubileo e santità sono un binomio strettissimo, inscindibile. Nel corso dell’Anno Santo del Millennio, ha scritto Giovanni Paolo II nella Tertio Millennio adveniente, i cristiani renderanno grazie a Dio per il dono della Chiesa e per “i frutti di santità maturati nella vita di tanti uomini e donne che, in ogni generazione ed in ogni epoca storica, hanno saputo cogliere senza riserve il dono della Redenzione” (n. 32). Conseguentemente, il calendario giubilare ha previsto i riti di Beatificazione e di Canonizzazione come appuntamenti importanti, autentici richiami all’impegno per la santità che deve animare la vita dei cristiani di oggi, e tali celebrazioni si sono susseguite con cadenza regolare fin dai primi mesi dell’anno in corso. Vorrei ricordare, in particolar modo, la Canonizzazione di suor Faustina Kowalska, il 30 aprile, la quale, prima ad essere stata proclamata santa in questo Giubileo, ha proposto a tutti il messaggio della Divina Misericordia, dono divino di primaria importanza per la vita del mondo e della Chiesa in questo particolare e delicato momento storico.
Per almeno due motivi le beatificazioni di domenica ci riportano direttamente al cuore del Grande Giubileo. Giovanni XXIII, indicendo il Concilio, è stato il protagonista e l’iniziatore di una nuova primavera della vita della Chiesa. “Il Concilio Vaticano II costituisce un evento provvidenziale, attraverso il quale la Chiesa ha avviato la preparazione prossima al Giubileo del secondo Millennio”, ha scritto Giovanni Paolo II nella Tertio Millennio adveniente (n. 18), legando così indissolubilmente la celebrazione del Giubileo alla cara figura del Papa di Sotto il Monte. Ma nel cammino giubilare la Chiesa è anche accompagnata da Maria, “La Stella che ne guida con sicurezza i passi incontro al Signore” (TMA, 59).
Lungo questa strada, la Chiesa del Terzo Millennio non poteva non incontrare l’esemplare figura di Pio IX, che proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione e difese strenuamente il Papato contro i nemici del tempo.
È l’esempio della santità che torna ad essere centrale nella vita della Chiesa: oggi, come ieri e come sempre.
La santità non è infatti cosa d’altri tempi, da relegare nei libri di storia. Per l’uomo del Terzo Millennio si tratta di un traguardo tanto più cogente, direi quasi obbligatorio, in quanto troppe e troppo frequenti sono le seduzioni che vorrebbero distrarlo dall’obiettivo della perfezione indicato da Cristo stesso.
Giovanni Paolo II, che guida con sapienza e lungimiranza la Chiesa in questo anno di grazia, indica proprio la santità come il coronamento del nostro impegno giubilare. Nei nostri occhi e nei nostri cuori sono ancora nitidamente impresse le immagini e le emozioni del grande incontro romano del Giubileo dei giovani. Ma chiediamoci: che cosa erano venuti a fare presso la Sede di Pietro quei milioni di giovani provenienti da ogni continente? A quale appello avevano risposto, così numerosi, gioiosi e ardenti? Convocandoli, Giovanni Paolo II non aveva usato perifrasi, e nel Messaggio del 29 giugno 1999 aveva scritto: “Iddio ci ha creato per condividere la sua stessa vita; ci chiama ad essere suoi figli, membra vive del Corpo mistico di Cristo, templi luminosi dello Spirito dell’Amore. Ci chiama ad essere “suoi”: vuole che tutti siano santi. Cari giovani, abbiate la santa ambizione di essere santi, come Egli è santo”.
La santità, dunque, resta il primo degli impegni della Chiesa giubilare, e al tempo stesso il Grande Giubileo è l’occasione storica e privilegiata in cui la santità, la grazia della Redenzione viene messa per così dire alla portata di tutti, in modo che tutti possano farsi “confessori di Cristo alla soglia del Terzo Millennio”
(Veglia a Tor Vergata, n. 3). Anche le Canonizzazioni, previste domenica 1 ottobre, ci ricorderanno ancora una volta questo impegno.
Le pagine di calendario che ancora dobbiamo sfogliare ci proporranno la santità che ognuno dovrà vivere secondo il proprio stato e, sono certo, non mancheranno di riservarci uno stupore simile a quello che abbiamo vissuto con i giovani di Tor Vergata.
È lungo questa strada che si ritrova il senso più autentico del Giubileo; così come si è già manifestato in questi 8 mesi e come – ancor più – promette di ancorarsi nell’ultimo, decisivo tratto di cammino.
A chi vive il Giubileo giorno per giorno è chiesto di avere uno sguardo attento per l’oggi, ma soprattutto un cuore per il domani: lasciarsi cioè prendere dalla speranza che l’Anno Santo continui a seminare, in maniera visibile o anche misteriosa, i tanti frutti di santità che scaturiscono dalla sua vitalissima radice spirituale.
Ecco quindi che – pur distinto in periodi – il Grande Giubileo è come un unico percorso fatto di molte tappe ma segnato da una sola, insopprimibile vocazione, che è poi la stessa di tutta la Chiesa: la vocazione alla santità. E l’Anno Santo, più che mai, con la straordinaria trasferta “fuori porta” a Tor Vergata e con questo ritorno a Piazza San Pietro per le Beatificazioni, sta aiutando tutti a realizzare quell'”anelito” alla santità, che è il più alto tra tutti i traguardi della vita cristiana e che è l’unico che può far rifiorire una nuova primavera nella Chiesa del Terzo Millennio.